Il mio esilio (IN)volontario

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 Tra il mese di luglio e il mese di novembre 2010 uno tzunami ha totalmente devastato la mia vita professionale e privata.

In quel breve arco di tempo è stato stroncato il mio futuro accademico (costruito con dedizione e passione per 16 anni; lunghi anni in cui le aspettative di carriera sono state opportunisticamente dichiarate, lasciate sperare e, per egoistico interesse, sempre regolarmente procrastinate, nonché puntualmente disilluse, dall’ordinario di riferimento e da altri esimi mentori collegati).
Pochi mesi dopo è morto il mio amato papà che, insieme a me, idealisticamente, aveva sognato la meritata mia carriera accademica, in questo Paese.

Nell’annus horribilis 2010-2011 ho perso definitivamente la fiducia nella onestà e nella correttezza delle figure ai vertici delle istituzioni di questa sempre più miserevole Italia e quella parte innocente di me che mio padre, con idealismo d’altri tempi, aveva coltivato quale più autentica ragione della sua e della mia esistenza.
Il rapporto di fiducia che, ingenuamente, avevo creduto di aver istaurato con chi collaboravo accademicamente si spezzato per sempre il 7 e 8 luglio 2010, miserevolmente svenduto e cinicamente tradito.
La ferita più dolorosa e tutt’ora permanente è nella certezza che tutto è stato condotto secondo il principio marcio della furbizia e del tornaconto.

“Il vento largo è un vento che non soffia mai nella stessa direzione e di conseguenza disorienta molto…
E’ come il vento della vita che ti sospinge prima da una parte, poi da un’altra…”

Francesco Biamonti

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